Conseguenze di un fallimento: superare gli effetti della morte di un'azienda

Un fallimento ha gravi conseguenze per l’imprenditore e per i suoi dipendenti. Si tratta di trarne una lezione e di risollevarsi con nuove idee.

Quando un'azienda non riesce più a rimborsare i suoi debiti, il consiglio di amministrazione è costretto ad andare davanti al giudice per avviare una procedura fallimentare. Può succedere anche che questa procedura sia provocata direttamente da un creditore per mezzo di una procedura di esecuzione. Nei due casi, il fallimento ha conseguenze rilevanti per l'imprenditore, i suoi dipendenti e i creditori, che si tratti di donatori, fornitori o clienti.

Conseguenze finanziarie per l'imprenditore

Appena viene aperta una procedura fallimentare, la direzione dell'azienda perde il diritto di commerciare e di disporre di tutti gli attivi disponibili, ossia dell'insieme dei beni dell'azienda come i conti in banca, i beni immobili o ancora le macchine di produzione. Questo patrimonio viene definito ʺmassaʺ in termini giuridici. I beni che spettano al fallito fino alla chiusura del fallimento rientrano anch'essi nella massa. Spetta all'ufficio fallimenti, che si occupa della procedura, stimare il valore della massa e occuparsi della sua liquidazione. I fondi così raccolti servono a rimborsare i creditori.

Differenze relative alla forma giuridica

L'imprenditore è considerato come un debitore imputabile? La risposta varia a seconda della forma giuridica dell'azienda. Nel caso di una persona giuridica, come di una società anonima (SA) o di una società a responsabilità limitata (Srl), i debiti sono associati esclusivamente all'azienda. Di conseguenza, non esistono più debiti se l'azienda cessa di esistere. I debiti rimanenti vengono quindi eliminati al termine della procedura fallimentare, dopodiché solo la responsabilità del consiglio d'amministrazione o di gestione può ancora essere citata in giudizio. 

Invece, nel caso di una persona fisica, come un'azienda individuale, l'imprenditore deve indebitarsi personalmente durante e anche dopo la chiusura del fallimento. È un fattore spesso trascurato dai creatori aziendali. Nell'ambito della procedura fallimentare, i creditori ricevono un attestato di carenza di beni (art. 265 LEF), che indica l'importo dovuto e dà loro il diritto di reclamare il proprio credito se la situazione finanziaria dell'imprenditore dovesse migliorare. Tuttavia, non si può promuovere una nuova esecuzione, se non nel caso in cui il debitore è tornato a miglior fortuna. Questi mantiene così la possibilità di fondare una nuova società.

Nel caso di un'azienda individuale, la fortuna privata dell'imprenditore rappresenta la massa pignorabile in caso di fallimento. Essa include i risparmi, i beni immobili e i titoli. La fortuna del coniuge e i risparmi per il fondo pensione, il terzo pilastro e le assicurazioni sulla vita conclusi in favore dei coniugi e dei figli sono esclusi dal fallimento.

Nel caso della società in nome collettivo, i soci si dividono le obbligazioni della società solidalmente e sull'intero patrimonio. Dal momento in cui la società viene sciolta o ha subito un processo dall'esito infruttuoso, un socio può essere citato in giudizio (art. 568 CO).

Qualunque sia la forma giuridica dell'azienda, qualsiasi reato commesso da un membro della direzione o da un amministratore durante la procedura fallimentare, dipende dal diritto penale e coinvolge personalmente l'individuo interessato. Si può trattare di false informazioni sugli attivi dell'azienda o ancora di fondi sottratti in suo favore.

Conseguenze finanziarie per i creditori

Il fallimento ha per effetto di rendere i debiti del fallito esigibili, anche se non lo sono al momento della dichiarazione del fallimento, e di sospendere gli interessi dei crediti all'apertura della procedura.

Spetta all'ufficio fallimenti stimare il valore del patrimonio dell'azienda e occuparsi della sua liquidazione. I fondi così raccolti sono utilizzati per il rimborso dei creditori. Non è raro che questi ottengano solo tra lo 0 e il 10% del loro credito al termine del fallimento. Tuttavia, durante la procedura, i creditori hanno la possibilità di contestare l'importo che si vedono assegnare.

In caso di fallimento, i creditori non si ritrovano tutti nella stessa situazione. Per il rimborso, essi vengono divisi in tre categorie di priorità (art. 219 LEF):

  • Prima priorità. Crediti dei dipendenti nei confronti del datore di lavoro, tra cui gli stipendi; l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni (LAINF), la cassa pensione (secondo pilastro), il credito per contributi di mantenimento e di assistenza. Crediti garantiti da pegno (nel caso di un'ipoteca, la casa viene venduta e il denaro viene restituito ai creditori).
  • Seconda priorità. Crediti delle persone i cui beni erano sotto l'amministrazione del debitore in virtù della sua autorità parentale; crediti di contributi dell'assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS), dell'assicurazione invalidità (AI), dell'indennità di perdita di guadagno (IPG) e dell'assicurazione contro gli infortuni; crediti di premi e di partecipazione ai costi dell'assicurazione sociale malattie; contributi versati alle casse di compensazione per assegni familiari; crediti fiscali conformemente alla legge sull'IVA.
  • Terza priorità. Tutti gli altri crediti, come quelli dei fornitori, dei clienti, ecc.

Il contributo finanziario dei soci rappresenta in un certo senso una quarta categoria di priorità. Nella maggior parte dei casi, i fondi raccolti durante la liquidazione dell'azienda non bastano per il rimborso.

Qualche caso particolare:

  • Quando il credito non è una somma di denaro. Un credito sotto forma di servizio, di lavoro o di prestazione in natura deve essere convertito in denaro. L'Ufficio fallimenti determinerà il valore della prestazione al momento della procedura. In certi casi, preferirà eseguire la prestazione.
  • Quando il credito deriva dalla consegna di qualcosa prima del fallimento. Una persona o una società che ha consegnato tale cosa, ad esempio nel caso di un contratto di vendita, non può reclamare la restituzione dell'oggetto che non è stato pagato (art. 212 LEF).
  • Quando il debitore del fallito è anche il suo creditore. Nella maggior parte dei casi, il debitore può compensare il debito con il suo credito. Sarebbe inopportuno obbligarlo a pagare tutto il debito facendogli correre il rischio di non ricevere un dividendo pari a una percentuale del suo credito.

Conseguenze in termini d'immagine per l'imprenditore

Un fallimento non è senza conseguenze per l'immagine di un imprenditore. La radiazione di un'azienda dal registro di commercio è visibile pubblicamente non solo durante la procedura ma anche dopo. Spesso basta una semplice ricerca su internet per trovarla, di solito sul sito di agenzie private d'informazioni economiche come Moneyhouse.  

Un punto spesso trascurato: nel caso di una SA, è il nome dell'imprenditore che compare nel registro di commercio e non quello degli azionisti. È lui quindi il più svantaggiato. Per quanto riguarda le aziende individuali e le Srl, si tratta rispettivamente del nome del proprietario e di quello dei soci.

Le agenzie d'informazioni economiche come Creditreform o Moneyhouse raccolgono e forniscono informazioni sull'insolvenza delle persone. Un imprenditore che ha avuto diversi fallimenti può vedersi rifiutare dei crediti. Altre possibili conseguenze: la fornitura viene consegnata solo su pagamento in contanti oppure i limiti di spesa delle carte di credito vengono abbassati.

Accettare il fallimento e ripartire su migliori basi.

Un fallimento non deve in alcun modo significare la fine di una carriera imprenditoriale. Accettare un fallimento fa parte delle qualità di un imprenditore. Bisogna invece trarne lezione e risollevarsi con nuove energie e idee innovative.

Molti imprenditori rimangono nello stesso settore da cui provengono poiché conoscono il mercato, i prodotti e la concorrenza. Spesso succede anche che i proprietari falliti riacquistino gli attivi della propria azienda fallita e ripartano su questa base. Tuttavia, non è accettabile che dopo un fallimento l'imprenditore continui la sua attività su un altro nome, con gli stessi dispositivi e gli stessi clienti, dopo aver abbandonato i suoi collaboratori. Gli obblighi verso di loro devono essere mantenuti (art. 333 CO).



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Ultima modifica 03.05.2021

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