(13.11.2019) Le persone nate tra il 1965 e il 1980 sono le più rappresentate sul mercato del lavoro elvetico. Secondo uno studio dell’Ufficio federale di statistica (UST), esse costituiscono il 36,2% dei lavoratori, seguiti dai millennial (1981-1996), che formano un terzo delle persone attive.
In Svizzera, il pensionamento della generazione del baby-boom (1946-1964) è già iniziato da tempo e solo un lavoratore su 5 (22,1%) fa parte di questa categoria. La generazione Z (1997-2012), che conta un lavoratore su 10 (7,7%), comincia invece a fare capolino sul mercato del lavoro. Rappresentando una persona su 100, la generazione silenziosa (nata prima del 1945) non ha ormai più peso nel mondo professionale.
L’UST constata una partecipazione al mercato del lavoro differente a seconda delle generazioni. Nel corso degli anni, l’aumento del livello di formazione ha ritardato, da un lato, l’entrata nella vita attiva. Dall’altro, la quota di professioni intellettuali e scientifiche, così come quelle manageriali e dirigenziali crescono, contrariamente alle professioni amministrative o ai mestieri dell’industria, dell’artigianato e del settore agrario. Oggi a 35 anni, la metà dei millennial attivi possiede una formazione di tipo terziario, mentre solo un quarto della generazione del baby-boom poteva vantarla.
Questa evoluzione va di pari passo con una terziarizzazione dell’economia. Di generazione in generazione, i settori legati alla sanità, alla socialità e le attività specializzate, scientifiche e tecniche hanno guadagnato terreno.
Con il passare del tempo, le donne si sono pure imposte sul mercato del lavoro. Anche il modello tradizionale secondo il quale l’uomo lavora a tempo pieno e la donna non è attiva professionalmente sta tendendo a scomparire. Al contrario, le organizzazioni dove gli uomini e le donne seguono lo stesso modello (due tempi pieni o due tempi parziali) sono in aumento con l’arrivo dei millennial.
Ultima modifica 13.11.2019
