"Sempre più svizzeri desiderano lavorare a distanza dall’estero"

I datori di lavoro devono adattarsi ai cambiamenti nello stile di vita dei dipendenti e all’ascesa del telelavoro dall’estero. Spesso i rischi giuridici e amministrativi legati a questa pratica costituiscono tuttavia un freno alla sua implementazione. Ecco le risposte della specialista in diritto commerciale e diritto digitale Isabelle Wildhaber.

Benché il lavoro in presenza si sia nuovamente generalizzato nel paese, dalla pandemia il telelavoro dall’estero continua a guadagnare terreno in Svizzera. Specializzata in sicurezza informatica, la PMI Redguard consente ai suoi 80 impiegati di beneficiare di questa possibilità per un periodo che va dalle quattro alle sei settimane all’anno. Questa opportunità permette al suo fondatore,Sven Vetsch, di soddisfare la sua passione per i viaggi senza rinunciare alla sua dedizione verso un’impresa in piena crescita. Anche grandi aziende come l’assicurazione AXA hanno deciso di ufficializzare e regolamentare questa pratica.

Questa nuova tendenza rappresenta un’opportunità ma anche una sfida per le imprese. Da un lato, permettere puntualmente ai propri impiegati di esercitare la loro attività a distanza dall’estero può rivelarsi un vantaggio prezioso per attrarre e trattenere i migliori profili, soprattutto nei settori dove la manodopera qualificata scarseggia. Dall’altro, implementare questa possibilità richiede che i datori di lavoro affrontino diverse questioni legate soprattutto agli oneri fiscali, all’affiliazione presso le assicurazioni sociali e allo statuto migratorio, le quali possono rivelarsi paralizzanti. Professoressa di diritto privato e commerciale presso l’Università di San Gallo e fondatrice della start-up Vamoz, un portale che per mezzo di software facilita il telelavoro dall’estero, Isabelle Wildhaber ci svela i punti cruciali di questa pratica per le aziende.

Perché un datore di lavoro dovrebbe consentire ai propri dipendenti di lavorare a distanza dall’estero?

Isabelle Wildhaber: Vi è una crescente domanda di lavoro dall’estero in Svizzera, anche da parte di imprese che non offrono ufficialmente questa possibilità ai loro collaboratori. Difficilmente i datori di lavoro possono ignorare questa tendenza, in particolare se il loro settore è segnato dalla carenza di lavoratori qualificati. Le società attive nel ramo dell’informatica e tecnologia (IT), ad esempio, impiegano profili relativamente rari che possono facilmente cambiare datore di lavoro. Proporre loro di lavorare dall’estero risulta uno tra i metodi più efficaci per attrarre o trattenere i talenti.

Quali sono le motivazioni principali che spingono gli impiegati a richiedere questa possibilità?

Wildhaber: È diventato sempre più frequente cogliere questa opportunità per prolungare un soggiorno dopo una vacanza (si parla in tal caso di «workation», contrazione di «work» e di «vacation») o semplicemente per trascorrere l’inverno in una regione dal clima tropicale. Alcuni paesi del Sud lo hanno capito bene e cercano infatti di trarne profitto proponendo statuti migratori particolari ai "nomadi digitali". Tuttavia, l’immagine idealizzata del nomade digitale in shorts al mare non rispecchia la realtà per la maggior parte dei casi. Constatiamo che le richieste fatte ai datori di lavoro sono spesso legate alla situazione personale e famigliare dei dipendenti. Molti di loro hanno dei parenti all’estero e desiderano beneficiare di questa flessibilità geografica per occuparsi dei genitori anziani o avvicinarsi alla propria famiglia durante le vacanze scolastiche, ad esempio.

Alcune imprese preferiscono non prendere una posizione definitiva in materia o impedire questa pratica per proteggersi da eventuali rischi amministrativi e legali. Si tratta di una scelta ragionevole?

Wildhaber: I datori di lavoro non possono restare indifferenti di fronte a questa nuova questione e optare per un divieto assoluto comporta dei rischi. Anche perché questo rifiuto non solo nuocerebbe all’attrattività dell’azienda in fatto di reclutamento, ma non impedirebbe neanche agli impiegati di lavorare segretamente dall’estero. La situazione può pertanto diventare problematica. In effetti, anche nel caso in cui un’impresa non sappia che il suo impiegato si trova all’estero, potrebbe comunque essere ritenuta responsabile della situazione irregolare e sanzionata nel caso in cui le autorità la scoprissero.

Qual è il miglior modo per regolamentare il lavoro dall’estero?

Wildhaber: Sta tutto nel trovare un equilibrio tra flessibilità e stabilità. Oggi esistono dei servizi di consulenza e dei portali automatizzati specializzati (come la piattaforma Vamoz per esempio) i quali valutano caso per caso i rischi legati a ogni richiesta, accompagnando nel contempo i dipendenti nel processo.

È anche possibile optare per una soluzione forfettaria al posto di un esame caso per caso, autorizzando ad esempio 20 giorni di telelavoro all’anno nell’Unione europea (UE) o in un paese membro dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). Ma, anche in caso di lavoro di breve durata all’interno dell’UE, non si possono escludere alcuni rischi legati allo statuto migratorio o alle assicurazioni. È perciò preferibile procedere con una valutazione caso per caso.

Svariate professioni non possono beneficiare di questo vantaggio determinante. In che modo i datori di lavoro possono gestire questa disparità?

Wildhaber: Si corre in effetti il rischio di creare un sistema a due classi. Per molti è impossibile lavorare a distanza, soprattutto nel settore industriale. Tuttavia, anziché impedire il telelavoro ai dipendenti che possono farlo, bisognerebbe piuttosto proporre altri vantaggi.


Informazione

Biografia

Isabelle Wildhaber, co-founder of the Law&Tech Lab at the University of St. Gallen

Laureatasi in diritto presso le Università di Basilea, di Harvard e di Zurigo, Isabelle Wildhaber è docente di diritto privato e commerciale all’Università di San Gallo dal 2010. In particolare, vi ha cofondato il Law&Tech Lab, un gruppo di ricerca interdisciplinare specializzato nel diritto digitale. Parallelamente, ha fondato nel 2022 la start-up Vamoz, che offre consulenza giuridica e pratica alle imprese che desiderano mettere in pratica il telelavoro a distanza.

Ultima modifica 15.05.2024

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